Nel cuore di un intrigo legale, l’avvocato Alessandro Lia si trova sotto i riflettori, sospettato di complicità in una frode legata al trasferimento di un’automobile. Un giudice ha confermato la decisione di obbligare il Commissario di Polizia a presentare accuse formali contro Lia, specificando però che “questo non implica in alcun modo una presunzione di colpevolezza.”
Tuttavia, la Corte è stata chiara: solo un procedimento penale potrà chiarire la posizione dell’avvocato, dopo che le indagini preliminari della polizia hanno lasciato non pochi interrogativi.
Tutto ha inizio con un’auto, una Renault Megane, appartenente al suocero di Lia, Victor Sant. Durante una conversazione in famiglia, Sant aveva manifestato l’intenzione di liberarsene. Lia si era subito offerto di gestire la questione, proponendo di rottamare il veicolo. Successivamente aveva informato Sant che dalla rottamazione erano stati ricavati solo 100 euro. Ma quello che sembrava un gesto di cortesia si è trasformato in un incubo legale quando Sant, controllando con Transport Malta, ha scoperto che l’auto non era stata rottamata. Al contrario, era stata trasferita a una terza persona.
Sant è rimasto scioccato: “Non ho mai firmato quel modulo di trasferimento,”
ha dichiarato. Inoltre, ha categoricamente negato che la firma presente sul documento presentato a Transport Malta fosse la sua. Convinto della falsificazione, Sant ha avviato un procedimento legale per costringere la polizia ad agire.
La verità nascosta in una firma: un’indagine lacunosa lascia troppi dubbi.
Nel settembre scorso, il Tribunale dei Magistrati ha accolto il ricorso di Sant, affermando che vi erano sufficienti prove per procedere contro Lia, nonostante quest’ultimo non avesse tratto alcun vantaggio economico dall’operazione. Secondo la Corte, l’autenticità della firma contestata potrà essere accertata solo attraverso una perizia calligrafica da effettuarsi in sede penale.
Nel frattempo, il Commissario di Polizia ha presentato un appello contro la decisione, ma senza successo. La Corte Penale ha rigettato il ricorso, attribuendo il ritardo nella trasmissione degli atti a inefficienze amministrative e non all’ufficio del Procuratore Generale.
Un enigma che coinvolge Lia e il trasferimento dell’auto.
La Corte ha sottolineato che Lia potrebbe aver contribuito al trasferimento fornendo una copia della carta d’identità del proprietario del veicolo. Questa azione, combinata con un’email inviata dallo stesso Lia all’assicurazione per bloccare il rinnovo della polizza, ha sollevato dubbi sul suo ruolo nella vicenda. Nonostante ciò, Sant ha insistito in aula: “Non sapevo nulla del trasferimento e non l’ho mai autorizzato.” La testimonianza di Sant ha messo in discussione l’ipotesi che fosse consapevole delle intenzioni di Lia.
Il giudice Neville Camilleri ha confermato che le accuse contro Lia devono essere esaminate in un processo penale, spiegando che “solo così sarà possibile escludere ogni suo coinvolgimento.” Tuttavia, ha ribadito che il procedimento penale non equivale a una dichiarazione di colpevolezza: “Non si intende in alcun modo attribuire una qualche colpa all’avvocato Alessandro Lia.”
La sentenza è stata inviata immediatamente al Commissario di Polizia per consentire le azioni necessarie.
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