Malta

Un processo infinito: il caso Gatt e il finale che nessuno si aspettava

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Diciotto anni di attesa, un processo interminabile e un epilogo inaspettato: Emanuel Gatt, l’automobilista coinvolto in un incidente stradale nel lontano 2006, è stato finalmente bandito dalla guida per tre mesi. Ma la storia che si cela dietro questa sentenza è un intrico di accuse, risarcimenti sospetti e misteriose omissioni che lascia senza parole.

Era il 17 dicembre 2006 quando, in Triq il-Mithna a Qormi, Gatt fu coinvolto in uno scontro che provocò gravi ferite a una donna a bordo dell’altro veicolo. Le accuse che gli furono mosse erano pesanti: guida pericolosa, guida sotto l’effetto di alcol o droghe, e lesioni gravi alla passeggera. Tuttavia, ciò che accadde nei successivi 17 anni di procedimenti lascia più domande che risposte.

I verbali del processo rivelano dettagli sorprendenti . Un medico, unico testimone in aula, confermò che la donna aveva subito una frattura a un dito della mano sinistra, oltre a lesioni a collo e spalle. Ferite sufficienti per classificare il caso come “gravi”. Ma poi, il buio: il conducente dell’altro veicolo non testimoniò mai, nonostante una richiesta di risarcimento danni per 1.700 euro fosse formalizzata nei documenti. Nemmeno una ricevuta o una prova tangibile supportava questa pretesa.

Nel frattempo, Gatt effettuò inspiegabilmente pagamenti di 300 euro a un certo Etienne Bugeja, che sembrava essere un parente della vittima e, secondo un rapporto non giurato della polizia, il conducente dell’auto. “È sconcertante”, ha dichiarato la magistrata Donatella Frendo Dimech, “che siano stati consentiti pagamenti per danni mai formalmente provati, mentre l’imputato non era nemmeno accusato di aver causato danni a proprietà altrui”.

Dopo 17 anni, Gatt ha ammesso tre delle accuse principali, compresa quella relativa alle lesioni alla vittima. La magistrata, tenendo conto della durata “inspiegabile” del procedimento e della fedina penale dell’imputato, lo ha assolto dalle altre accuse e gli ha imposto una sospensione condizionale di 40 mesi, oltre a un divieto di guida di tre mesi.

Una vicenda che solleva interrogativi sul funzionamento del sistema giudiziario e sull’incredibile lentezza di un processo che avrebbe dovuto portare giustizia in tempi decisamente più brevi.

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