Immaginate un’epoca di cambiamenti epocali, dove le città si trasformano e i destini vengono riscritti. È il 1565, il Grande Assedio di Malta è appena terminato e l’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni ha un piano ambizioso: costruire una città nuova di zecca, Valletta, per spostare il cuore pulsante del potere. Ma per farlo, i cavalieri devono abbandonare la loro vecchia dimora, Vittoriosa, una città che dal nome promette vittoria ma che si ritroverà relegata a un ruolo marginale.
Ci fu resistenza, e come non capirlo? I cavalieri erano abituati a vivere e governare tra le strade di Vittoriosa. Ma l’Ordine era determinato, e la città vecchia fu abbandonata. Vittoriosa rimase con il suo fervore religioso, le sue botteghe e la sua vocazione marittima, ma perse l’anima governativa. Divenne poco più che un dormitorio.
Con la nuova città, l’isola venne suddivisa in tre grandi poteri: “L’Ordine, la Chiesa e l’Inquisizione”. Ognuno geloso del proprio spazio e delle proprie prerogative. Valletta divenne un bastione esclusivo per i Cavalieri, mentre Vittoriosa ospitava l’Inquisitore e Mdina il vescovo. “Le rivalità tra questi tre poteri erano sottili ma esplosive, pronte a degenerare in aperta ostilità.”
E così, mentre il peso della storia si spostava verso la nuova capitale, Vittoriosa iniziò a sparire dai registri ufficiali. Tuttavia, non mancarono eventi che la riportarono tragicamente al centro della scena. Uno su tutti: il tumulto del 1574.
Tutto iniziò con un semplice gioco: il giouco della pilotta, una sorta di pelota giocata dai cavalieri francesi che attraversavano il porto per divertirsi a Vittoriosa. Ma la tensione tra questi giovani cavalieri e la guarnigione spagnola, già carica di rancori antichi, esplose in una violenza brutale. La cronaca ci racconta di un sanguinoso tumulto che culminò in morti e feriti.
Il Gran Maestro La Cassiere intervenne con mano ferma, individuando i “cervelli inquieti e discoli” responsabili della tragedia. “Espulsione immediata per alcuni, anni di carcere per altri”, decretò il consiglio, nel tentativo di riportare ordine. Ma la situazione era così esplosiva che l’intera città fu dichiarata zona vietata per i cavalieri, con pene severissime per chiunque osasse violare il divieto.
Nonostante le punizioni, la tensione non si placò. I cavalieri francesi e le guardie spagnole erano separati da antiche rivalità nazionali, e Vittoriosa, testimone di questi scontri, sembrava una città destinata a soffrire.
Nel frattempo, altre ombre si addensavano sulla città. Nel 1576, l’Ordine aprì un’indagine su presunti abusi delle guardie cittadine, mentre due anni dopo si parlava di una Vittoriosa colpita da un’ondata di criminalità senza precedenti. “Furti e rapine erano ormai la norma,”
si legge nei registri. La città, una volta gloriosa, sembrava scivolare in un declino inarrestabile.
Ma cos’è che spinse Vittoriosa verso il baratro? Forse furono le rivalità etniche, forse il peso delle decisioni storiche. Quel che è certo è che, nonostante tutto, Vittoriosa resta una testimonianza vivente di un’epoca tumultuosa, il cui fascino non cessa di affascinare chiunque la guardi con occhi attenti.
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