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Malta

Napoleone e il destino di Malta: il piano che avrebbe cambiato il Mediterraneo

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Nel cuore delle trattative di pace del XIX secolo, Malta rischiò di essere spazzata via come baluardo strategico. Napoleone Bonaparte, in uno dei suoi momenti più controversi, propose di far saltare in aria le imponenti fortificazioni dell’isola per “neutralizzarla” e porre fine, una volta per tutte, alle dispute tra Francia e Gran Bretagna. Una mossa estrema che avrebbe cambiato il corso della storia mediterranea.

Nel 1800, dopo un estenuante assedio, le forze francesi arroccate a Valletta e nelle Tre Città si arresero, affamate, ai maltesi e ai loro alleati britannici e portoghesi. Eppure, nonostante questa vittoria sul campo, il destino di Malta si decise non con le armi, ma intorno al tavolo del Trattato di Amiens nel 1802. In quegli incontri, il futuro dell’isola era al centro di complesse manovre diplomatiche: avrebbe fatto ritorno all’Ordine di San Giovanni, al Regno di Napoli o sarebbe stata annessa dalla Russia, il cui zar Paolo era stato nominato Gran Maestro dell’Ordine? Oppure la Gran Bretagna, già de facto padrona dell’isola, l’avrebbe mantenuta?

Il nuovo libro di Victor AquilinaNapoleon – ‘Malta or War’ , offre uno sguardo affascinante dietro le quinte di quei negoziati cruciali, rivelando come Londra e San Pietroburgo abbiano intrecciato i loro interessi sull’isola. Il libro descrive anche il sorprendente cambio di rotta dell’Ammiraglio Nelson, inizialmente scettico sul valore strategico di Malta, ma poi divenuto uno dei suoi più accesi sostenitori.

“La demolizione delle fortificazioni è l’unico piano efficace per rimuovere ogni causa di futura contesa” , dichiarò Bonaparte durante le trattative, proponendo di radere al suolo le mura che un tempo avevano protetto persino le sue truppe dalla rivolta maltese. Una proposta che trovò ascolto tra i negoziatori britannici: sia Charles Cornwallis, il rappresentante inglese a Amiens, che il generale Henry Pigot appoggiarono l’idea, pur preferendo una distruzione parziale.

Ma Londra esitò. “Distruggere le bastioni significherebbe consegnare Valletta ai corsari” , obiettò Lord Hawkesbury, sostenuto dal Primo Ministro Henry Addington. Non solo: la demolizione avrebbe provocato l’ira dei maltesi, pronti a difendere le loro preziose mura anche contro chi li aveva appena liberati.

La proposta di Bonaparte non era del tutto inedita. Come ricorda Aquilina, sia i francesi che i britannici avevano già distrutto fortificazioni strategiche in India per indebolire territori conquistati. Tuttavia, l’idea di trasformare Malta da roccaforte inoffensiva a bersaglio per corsari nordafricani suscitò un forte dissenso. “L’isola non ha bisogno di massicce fortificazioni per difendersi dai corsari”, ribatté Bonaparte, sostenendo che difese meno imponenti sarebbero state sufficienti senza attirare le invidie delle grandi potenze europee.

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Alla fine, il Trattato di Amiens stabilì il ritorno di Malta ai Cavalieri di San Giovanni, privati però delle lingue francese e inglese, con l’introduzione di una lingua maltese, osteggiata dalla Russia. Ma i maltesi, ancora una volta, rifiutarono: invocarono la permanenza britannica, che si concretizzò non per le loro richieste, ma a causa delle ambizioni espansionistiche francesi in Europa.

Un anno dopo, le tensioni esplosero nuovamente in guerra. Malta, con le sue mura ancora intatte, era tornata al centro della disputa, con Bonaparte che proclamava “Malta o guerra” . Un’espressione che riassume perfettamente l’importanza di quegli eventi, così ben descritti da Aquilina nel suo nuovo libro.

Foto: [Archivio Times of Malta]

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