Un uomo, un’auto di lusso e una tragedia che ha sconvolto un’intera comunità. Anthony Chircop, l’automobilista che ha investito e ucciso Stephanie Rapa, una giovane donna di 30 anni, mentre attraversava la strada, ha riottenuto la sua Nissan Skyline GT. Un errore procedurale ha portato alla restituzione di quella stessa auto che, lanciata a una velocità di 140 km/h in una zona con limite di 35 km/h, è stata lo strumento della tragedia.
Chircop è stato condannato a due anni di carcere, con pena sospesa per quattro anni, per l’omicidio involontario di Rapa. Ma il tribunale, analizzando il caso, ha stabilito che l’auto non era formalmente registrata tra gli atti del processo, rendendo impossibile la confisca.
Una decisione che ha lasciato indignati i familiari della vittima e sollevato un acceso dibattito pubblico.
La notte del 2017, a Gżira, il corpo di Stephanie Rapa è stato sbalzato a oltre tre metri di altezza a causa dell’impatto violento. La giovane è stata immediatamente trasportata in ospedale, ma i medici non hanno potuto fare nulla per salvarle la vita.
Chircop, assistito dai legali Franco Debono e Marion Camilleri, non si è limitato a chiedere la restituzione dell’auto. Ha anche cercato di ottenere l’annullamento di una multa di €11.646,87 e la revoca del divieto di guida di due anni. Tuttavia, mentre la corte ha accolto la richiesta relativa al veicolo a causa dell’errore procedurale, ha respinto con fermezza le altre.
Il giudice ha dichiarato che Chircop guidava a una velocità “estrema” e ha sottolineato il suo passato costellato da infrazioni gravi, tra cui una condanna per guida pericolosa nel 2001, guida senza patente nel 2014 e guida in stato di ebbrezza nel 2006.
La multa e il divieto di guida, ha affermato la corte, erano “più che meritati”.
Questa vicenda ha scatenato una profonda indignazione, poiché la restituzione del veicolo è stata percepita come una beffa verso la memoria della vittima e un segnale di debolezza del sistema giudiziario. Un errore burocratico che ha suscitato polemiche e riflessioni sulla necessità di maggiore rigore nella gestione dei processi legali.
Foto: Shutterstock