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Malta

“il silenzio dopo l’incidente: la battaglia di Fiona per Ben e la sicurezza stradale”

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La tragedia che ha stravolto la vita di Fiona Laferla continua a suscitare interrogativi e riflessioni sulla sicurezza stradale e sull’efficacia del sistema giudiziario maltese. Due anni fa, il suo adorato figlio Ben, appena 21enne, ha perso la vita in un incidente stradale. Da allora, Fiona combatte per dare un senso a quel dolore incommensurabile e per impedire che tragedie simili colpiscano altre famiglie.

Il 24 settembre 2022, Ben era passeggero in un’auto a noleggio guidata dal suo amico Maxime Asacha Muehlematter, che si è schiantata contro un muro a Triq il-Madliena, Swieqi. Pochi giorni fa, Maxime è stato condannato a una pena sospesa e a un anno di sospensione della patente, dopo aver ammesso di aver causato involontariamente la morte di Ben. Ma per Fiona, questo non basta. “Non ho mai voluto che Max finisse in carcere. Era l’amico di mio figlio, Ben gli voleva bene. Quella sera dovevano uscire e poi tornare a casa. Ma credo che la sospensione della patente debba durare più a lungo. Siamo troppo indulgenti con queste cose. È come se fossimo diventati immuni alle morti sulla strada.”

Le sue parole risuonano forti, un grido d’allarme che si unisce a quello di altri genitori, come quelli di Stephanie Rapa, uccisa da un guidatore a folle velocità sette anni fa. Anche loro chiedono pene più severe per chi mette a rischio vite umane al volante.

Fiona non dimentica. Non dimentica chi era Ben: un ragazzo rispettoso, dolce, pieno di vita. “Quell’estate eravamo diventati molto uniti,” ricorda con emozione. “Era felice della sua relazione, entusiasta del suo lavoro. Flo, la sua fidanzata, si era trasferita da noi appena una settimana prima dell’incidente.”

La notte dell’incidente, Ben e Flo si erano recati da Max con una bottiglia di rum, pronti a trascorrere una serata spensierata. Prima di uscire, Flo aveva suggerito a Fiona di scrivere nel suo vecchio diario, abbandonato da anni. “Quella sera ho scritto di come Flo mi avesse riportato Ben. Ho smesso di scrivere alle 1:25. L’incidente è avvenuto alle 1:30.”

Alle 3:30 del mattino, il suono del campanello ha squarciato il silenzio della notte. Fiona ricorda ogni dettaglio con una lucidità dolorosa. “Ho cercato le sue scarpe dietro la porta per sapere se fosse tornato. Non c’erano. Ho capito subito che non era lui. Mi sono alzata e ho sentito: ‘Hello sinjura’. Non sentivo le gambe, ho aperto la porta e ho visto la polizia. Mi hanno detto che c’era stato un incidente. Ti lasciano lì. È tutto un vortice.”

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All’ospedale, Ben era in condizioni disperate, con gravi lesioni interne. Flo, anche lei ferita seriamente, continuava a chiedere di lui. Dopo giorni di agonia, Ben si è spento, ma le sue organi sono stati donati, un gesto che Fiona crede riflettesse il cuore generoso di suo figlio.

Durante il processo sono emersi dettagli inquietanti. Le cinture di sicurezza anteriori risultavano allentate, mentre quelle posteriori erano rigide, segnalando che Ben e Flo probabilmente non le indossavano. Ben è stato trovato fuori dall’auto, estratto da un passante nel tentativo di salvarlo. Ma Fiona non è convinta della velocità stimata dell’auto, 35 km/h. “Quante volte io e mia sorella abbiamo provato a frenare bruscamente a quella velocità per capire? Non sembrava possibile. In questo caso, c’era un muro, ma ci sono ancora domande.”

La sicurezza dell’auto e la manutenzione delle strade non sono mai state affrontate nel caso, lasciando Fiona con un senso di vuoto e rabbia. “Ci sono colpe, certo, ma bisogna considerare anche altri fattori: l’auto era in buone condizioni? La strada era illuminata a sufficienza?”

Nonostante tutto, Fiona non cerca vendetta. “Non volevo che Max finisse in carcere. Non voglio perseguitare il ragazzo. Ben lo amava, era suo amico. Non pensi mai che una cosa del genere possa accadere a te. Ma solo perché Ben non è più qui, non significa che Max non possa avere una vita.”

Ora Fiona trova forza nel mantenere viva la memoria di suo figlio. Organizza eventi come il “Ben Lafesta”, trasformando il suo dolore in un messaggio di speranza e prevenzione“Questo mi dà la forza di andare avanti.”

Foto: Jonathan Borg
Video: Karl Andrew Micallef

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