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Il principe Hirohito a Malta: dietro la festa un complotto silenzioso

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Valletta, aprile 1921. Una folla esultante si raduna lungo Strada Reale, le strade addobbate a festa, i balconi ornati di bandiere. L’isola intera è in fermento: sta per arrivare Hirohito, il principe ereditario del Giappone. Non un semplice viaggio diplomatico, ma un momento di storia destinato a rimanere scolpito nella memoria collettiva. Dall’eleganza riservata e con solo un rudimentale francese a disposizione, Hirohito si mostrò umile e distinto, ignaro forse del pericolo che incombeva su di lui.

Eppure, dietro gli sfarzi, l’atmosfera era tesa. “Informazioni riservatissime”  svelavano un complotto orchestrato da tre nazionalisti coreani, pronti ad attentare alla vita del principe. La tensione era palpabile. Malta si trovò così al centro di un intrigo internazionale, con il programma di Hirohito rigorosamente top-secret per garantire la sua sicurezza.

Il 24 aprile, la corazzata Katori solcava le acque del Grand Harbour. Ad accogliere il principe, Lord Plumer e le alte cariche britanniche. Le celebrazioni furono spettacolari: una parata militare a Main Guard Square, un banchetto al Casino Maltese e una serata indimenticabile all’Opera House con il “Otello”  di Verdi. Tra i suoi ospiti d’onore, Joseph Howard, console maltese per il Giappone e futuro primo ministro di Malta autogovernata.

Il soggiorno di Hirohito fu un susseguirsi di momenti simbolici e solenni. Al Casino Maltese, durante uno sfarzoso banchetto, furono scambiati preziosi doni e fu eretta una targa commemorativa in marmo, un segno indelebile del legame tra Malta e il Giappone. Poi, il principe rese omaggio ai marinai giapponesi caduti durante la Prima Guerra Mondiale. Nel cimitero navale di Kalkara, Hirohito si inginocchiò davanti alle tombe dei 68 uomini morti a bordo del cacciatorpediniere Sakaki, affondato da un sottomarino austriaco.

Questo atto di rispetto consolidò ulteriormente i legami tra Malta e il Giappone, nati durante gli anni della guerra, quando una squadra navale giapponese operava da Grand Harbour, contribuendo agli sforzi alleati nel Mediterraneo.

Una visita che non fu solo un evento mondano, ma un momento di unione, memoria e, per un attimo, anche di pericolo.

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Foto: [Collezione dell’autore]

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