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Malta

Harold Mamo e il caso dei falsi contratti: “non so usare il computer”

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Un insegnante al centro di uno scandalo sconvolgente: Harold Mamo, accusato di aver fornito falsi contratti di locazione a cittadini di Paesi terzi per ottenere la residenza a Malta, ha tentato di giustificare il misterioso eccesso di registrazioni presso una sua proprietà con una dichiarazione sorprendente. Agli investigatori ha detto: “Non so leggere e scrivere molto bene, né usare il computer.”  Una spiegazione che ha lasciato tutti a bocca aperta.

Le accuse contro Mamo sono emerse durante la compilazione delle prove, iniziata lunedì. Secondo gli inquirenti, questo insegnante 56enne avrebbe orchestrato un racket elaborato, offrendo indirizzi falsi e contratti di locazione “probabilmente contraffatti”  a cittadini di Paesi terzi, permettendo loro di richiedere permessi di soggiorno. E tutto è iniziato con una scoperta casuale da parte di una cittadina.

La miccia è stata accesa da un post su Facebook dell’ex deputato Jason Azzopardi. Una donna aveva trovato una cassetta postale nera, montata sulla facciata di una casa a Msida, dove un tempo viveva sua madre. All’interno, lettere di Identità indirizzate a cittadini di Paesi terzi che, sulla carta, dovevano risiedere lì. Insospettita, la donna ha subito denunciato il fatto alla stazione di polizia di Sliema.

Da quella segnalazione, la polizia per l’immigrazione ha scoperchiato un vaso di Pandora. Un’altra proprietà, questa volta sullo Strand e di proprietà di Mamo, risultava registrare oltre cento cittadini stranieri. Quando interrogato da un funzionario di Identità, l’insegnante ha cercato di minimizzare con un’affermazione disarmante: “Non so come fare con il computer.”

Ma le rivelazioni non finiscono qui. Un’altra abitazione a Siġġiewi, con numerosi stranieri registrati, era legata al figlio del proprietario, Anthony Attard. Quest’ultimo ha confessato di aver fatto “un favore”  a Mamo, installando cassette postali in diverse proprietà a Msida e altrove. Attard ha anche ammesso di aver permesso la registrazione di stranieri presso l’abitazione dei suoi genitori. La confessione gli è costata una pena sospesa.

Le testimonianze raccolte dipingono un quadro inquietante. Un cittadino pakistano ha raccontato di aver contattato un’agenzia di affitti su Facebook, che lo ha messo in contatto con Mamo. L’uomo non cercava una residenza vera e propria, ma un semplice indirizzo. Mamo gli ha promesso uno spazio letto, ma “non ha ricevuto nulla.” Altri cittadini di Paesi terzi hanno confermato di aver ricevuto da Mamo contratti di locazione, riconoscendolo in foto e affermando di averlo incontrato nel suo negozio da barbiere a Guardamangia.

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Quando la polizia ha perquisito il negozio, ha trovato 8.940 euro in contanti, una pila di contratti di locazione e numerosi documenti di Identità indirizzati a cittadini stranieri. Molti contratti nominavano terzi come locatori, facendo sospettare che fossero “probabilmente contraffatti.”

Tra il 2019 e il 2023, Mamo aveva dichiarato decine di migliaia di euro in affitti provenienti dalle sue proprietà. Nel solo 2023, aveva registrato ben 540 contratti di locazione, inclusi affitti di breve durata, presso l’Autorità per la Casa. Di fronte agli inquirenti, Mamo ha insistito: “Vivo da solo, faccio una vita normale. I miei inquilini non avevano grandi pretese. Volevano solo acqua, elettricità e un letto.” E poi, con tono quasi incredulo, ha chiesto alla polizia: “Quanto potrebbe essere la multa per un caso del genere? Potrei cavarmela con una semplice ammenda?”

Durante l’udienza, i suoi avvocati hanno avanzato richieste per la libertà su cauzione, ma la decisione sarà presa dopo ulteriori testimonianze, previste nei prossimi giorni. Tra i testimoni ci saranno anche cittadini di Paesi terzi coinvolti e altri testimoni civili.

Foto: Matthew Mirabelli/Facebook

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