Tre giovani studenti universitari e un docente si trovano al centro di uno scandalo che potrebbe costare loro molto caro: tra pochi mesi dovranno rispondere davanti alla legge di accuse di hacking. Ma la domanda è: hanno davvero infranto la legge o sono vittime di un malinteso?
L’Università di Malta è scesa in campo per difendere il professor Mark Joseph Vella, coinvolto insieme agli studenti Michael Debono, Giorgio Grigolo e Luke Bjorn Scerri in un’accusa di hacking etico, il cosiddetto ‘white hat’. Ecco cosa li aspetta:
secondo l’accusa, avrebbero ottenuto accesso non autorizzato a dati sensibili di un sistema informatico, modificando software e documenti. Ma qui la storia si fa davvero intrigante: i quattro non stavano cercando di rubare informazioni, bensì di proteggere gli altri.
Gli studenti avevano individuato delle pericolose falle di sicurezza nel celebre portale per studenti FreeHour, utilizzato da migliaia di giovani maltesi. Con uno spirito da veri “buoni samaritani” dell’informatica, hanno subito contattato l’azienda per avvisarla del rischio. Ma, attenzione al colpo di scena:
dopo aver inviato una mail per segnalare il problema e chiedere una ricompensa (una comune pratica chiamata “bug bounty”), si sono ritrovati ammanettati e con i loro computer sequestrati dalla polizia! Una svolta che nessuno si sarebbe aspettato.
L’associazione del personale accademico dell’Università di Malta (UMASA) è intervenuta in difesa del professor Vella, sottolineando come il docente abbia agito in maniera corretta. “Ha fornito agli studenti il quadro etico adeguato per affrontare situazioni del genere, adempiendo ai suoi doveri di docente e rispettando le pratiche etiche consolidate”
ha dichiarato l’UMASA, sottolineando che il comportamento del professor Vella è sempre stato impeccabile.
A ulteriore sostegno della loro difesa, l’associazione ha ricordato che le linee guida internazionali stabiliscono chiaramente che le vulnerabilità devono essere corrette prima di essere rese pubbliche, cosa che in questo caso è stata fatta. E, come se non bastasse, gli studenti avevano semplicemente chiesto un riconoscimento non monetario per il loro lavoro, una richiesta del tutto legittima tra chi opera nel campo dell’hacking etico.
“Siamo convinti che il dottor Vella abbia agito con assoluta integrità accademica, seguendo le procedure corrette” ha ribadito l’UMASA, esprimendo la sua piena solidarietà e supporto ai quattro accusati.
Foto: [Archivio Times Of Malta]