Uno scandalo clamoroso scuote il set di Gladiator 2
a Kalkara: gli extra del film di Ridley Scott hanno visto i loro volti scannerizzati senza sapere davvero come sarebbero stati usati i loro dati. Alcuni di loro dicono di essersi sentiti “senza scelta”, costretti ad accettare il processo per poter lavorare. Ma ora emerge una verità ancora più inquietante: il commissario per la protezione dei dati di Malta non può nemmeno indagare sul caso. Il motivo? La società responsabile si trova al di fuori della giurisdizione europea!
Nel 2023, numerosi extra che hanno preso parte alle riprese del kolossal hanno iniziato a esprimere preoccupazioni dopo essere stati condotti in una cabina piena di telecamere e aver firmato una liberatoria per Latina Pictures Limited, la società di produzione maltese.
Secondo documenti visionati dal Times of Malta, il modulo autorizzava Latina Pictures alla “riproduzione, esposizione, trasmissione, diffusione e sfruttamento” dell’immagine degli attori. Inoltre, concedeva il permesso ai produttori di “registrare”, “fotografare”, “riprodurre” e persino “simulare” il loro nome, voce e aspetto “in qualsiasi modo possibile”
. Tuttavia, il contratto non prevedeva la cessione dell’identità degli extra per altri progetti futuri.
Ma cosa è successo quando alcuni di loro hanno sollevato dubbi sull’uso di queste informazioni? Il commissario per la protezione dei dati ha provato a vederci chiaro, ma l’indagine è stata bloccata da un ostacolo insormontabile.
Chi possiede davvero i dati? Un rimpallo senza fine
In una lettera inviata a Matthew Maggi, cofondatore dell’Alliance for Practitioners, Artists and Crew for Hollywood Abroad
(APACHA), che ha denunciato il caso, l’ufficio del commissario ha rivelato una scoperta sconcertante: Latina Pictures ha negato ogni responsabilità sulla gestione dei dati personali.
La società ha dichiarato di non essere il “controllore” dei dati, spiegando di non possedere né il dispositivo utilizzato per scannerizzare gli extra, né di archiviare o gestire le informazioni raccolte. Insomma, le mani pulite.
Ma allora chi è il vero responsabile? Tutto porta a una società britannica, August Street Films Limited. Latina Pictures ha infatti indicato che è questa azienda a detenere il dispositivo di scansione e a decidere “le finalità e i mezzi del trattamento dei dati personali”
.
La fuga dalla GDPR: il trucco perfetto?
Quando il commissario ha contattato August Street Films, la risposta ha lasciato poco spazio a dubbi: la società ha dichiarato di non essere soggetta alla normativa europea sulla protezione dei dati (GDPR), dato che opera dal Regno Unito.
Il GDPR garantisce ai cittadini europei il diritto di accedere ai propri dati, di richiederne la cancellazione e di opporsi a determinati usi. Ma August Street Films ha ribadito di “non offrire beni o servizi a soggetti dell’UE” e ha chiarito che la sua collaborazione con Latina Pictures “non comporta una determinazione congiunta sulle modalità di trattamento dei dati”
.
In parole povere, l’azienda britannica si è sfilata da ogni responsabilità.
A questo punto, il commissario maltese si è arreso: August Street Films si trova al di fuori della giurisdizione maltese ed europea, quindi “questo ufficio non ha la competenza per intervenire ulteriormente sulla questione”
.
Chi volesse tentare di far valere i propri diritti dovrà rivolgersi all’Information Commissioner’s Office
(ICO) del Regno Unito.
La questione dell’uso delle tecnologie di scansione sui set cinematografici è sempre più controversa, e il caso di Gladiator 2 arriva in un momento critico. Nel luglio 2023, le riprese sono state sospese a causa dello sciopero globale degli attori di Hollywood, che protestavano contro il calo dei compensi e la crescente minaccia dell’intelligenza artificiale.
Alcuni membri della produzione hanno dichiarato che le scansioni degli extra sono avvenute appena pochi giorni prima dello stop delle riprese, mentre altri sostengono che il processo fosse in corso già nei primi giorni di lavorazione.
Questa vicenda solleva una domanda inquietante: fino a che punto l’industria cinematografica può spingersi nello sfruttare l’identità digitale degli attori?