Una madre disperata, un giovane accusato di crimini informatici e una controversa battaglia legale che potrebbe cambiare le sorti della giustizia maltese. Lucienne Meli, madre di Daniel Meli, si è rivolta al Parlamento per chiedere che i crimini commessi su suolo maltese vengano giudicati esclusivamente a Malta. La sua petizione punta a fermare l’estradizione del figlio negli Stati Uniti, una mossa che potrebbe condannarlo a decenni di carcere.
“Le procedure di estradizione non dovrebbero mai sostituire il processo giudiziario a Malta, dove il crimine è stato commesso da un cittadino maltese e sul territorio maltese, come nel caso degli attacchi informatici e crimini simili”
, ha dichiarato Lucienne nella petizione, con parole che riecheggiano la rabbia e la frustrazione di una madre che teme per il futuro del proprio figlio.
Daniel, un ragazzo di 28 anni che lavorava come addetto al check-in, è accusato di aver venduto malware illegale sul dark web tra il 2012 e il 2022. Un’accusa pesantissima che lo ha portato al centro di un intricato caso internazionale. Oggi è detenuto a Malta in attesa che la giustizia decida se sarà processato in patria o estradato negli Stati Uniti.
Secondo la legge maltese, un cittadino può essere estradato se esiste un trattato con il paese richiedente e se il reato è punibile con oltre 12 mesi di reclusione. Tuttavia, l’avvocato Arthur Azzopardi ha sottolineato le lacune della normativa sull’estradizione, che risulta ambigua rispetto al Codice Penale, dove invece è chiara la giurisdizione per i reati commessi sul territorio maltese. “È necessario un emendamento per allineare la legge al principio di territorialità che Malta esercita da secoli”
, ha dichiarato Azzopardi, sostenendo che Daniel dovrebbe essere giudicato nel suo paese.
Per la famiglia Meli, l’estradizione è stata una doccia fredda. In un’intervista di agosto al Times of Malta, Lucienne e suo marito hanno raccontato come una normale giornata si sia trasformata in un incubo. La polizia ha perquisito ogni angolo della loro casa, sequestrando laptop, tablet e dispositivi elettronici prima di arrestare Daniel. Ma la vera sorpresa è arrivata il giorno successivo. “All’inizio sembrava che nostro figlio sarebbe stato processato dalla polizia maltese, ma ci hanno detto che era ricercato dagli Stati Uniti e che dovevamo confermare in tribunale se accettare l’estradizione”
, ha ricordato la madre.
In tribunale, hanno avuto solo 15 minuti per prendere una decisione che avrebbe cambiato per sempre le loro vite. All’epoca, hanno accettato, credendo che Daniel avrebbe affrontato una pena massima di cinque anni, riducibile a tre per buona condotta. Ma presto hanno scoperto una verità agghiacciante: ogni accusa comportava cinque anni di reclusione, e con più accuse, il giovane rischiava fino a 40 anni di carcere. “Abbiamo fatto un errore enorme”, ha ammesso la madre.
Con il supporto di nuovi avvocati, Daniel ha presentato ricorso contro l’estradizione. Sebbene il primo appello sia stato respinto, ad agosto il governo maltese ha introdotto una nuova legge che offre agli imputati più tempo per riflettere e consente loro di riconsiderare la propria decisione. Grazie a questa modifica, i procedimenti di estradizione sono stati annullati e ripresi a novembre.
La petizione di Lucienne, che rimarrà aperta fino all’8 febbraio 2025, è un grido di battaglia per proteggere non solo suo figlio, ma anche il principio della sovranità giudiziaria maltese. Una madre che lotta contro il tempo per salvare il futuro di suo figlio e che chiede giustizia, non solo per Daniel, ma per tutti i cittadini maltesi.
Foto: Karl Andrew Micallef
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