Daniel Joe Meli, un nome che ormai fa scalpore, sta combattendo con le unghie e con i denti per evitare l’estradizione negli Stati Uniti. Al centro di un intricato dramma giudiziario, il giovane di 28 anni è accusato di un crimine che sembra uscito da un thriller tecnologico: aver venduto malware sul dark web. Ma dietro le accuse si nasconde una storia ancora più inquietante di fragilità personali e battaglie legali.
Lunedì, i suoi avvocati hanno presentato una nuova richiesta di cauzione, mentre i procuratori, quasi a sorpresa, hanno ammesso di non avere ulteriori prove da produrre per sostenere la richiesta di estradizione avanzata dagli Stati Uniti. Questo sviluppo segna un altro capitolo in una saga legale che tiene il pubblico con il fiato sospeso da febbraio.
Inizialmente, Meli aveva dato il suo consenso all’estradizione, ma con una condizione precisa: poteva essere processato solo per i reati elencati nella richiesta ufficiale americana. Tuttavia, il caso ha preso una piega drammatica quando, sotto la guida di nuovi avvocati, Meli ha avviato un procedimento costituzionale, sostenendo che il tribunale avrebbe dovuto verificare il suo stato mentale al momento del consenso. “Non ero in grado di comprendere appieno le implicazioni della mia decisione”
, ha sostenuto, sollevando interrogativi inquietanti sulla sua vulnerabilità.
Medici chiamati a testimoniare lo hanno descritto come “molto brillante, ma tormentato da grave ansia sociale e un’autostima inesistente”
. Una combinazione devastante di problemi psicologici, medici e dipendenza da droghe ha accompagnato Meli per gran parte della sua vita. Tuttavia, il tribunale costituzionale ha respinto queste affermazioni, spingendolo a fare appello alla Corte Costituzionale.
Nel frattempo, il governo ha introdotto nuove misure per garantire che chiunque affronti l’estradizione abbia “tempo adeguato”
per riflettere prima di dare il proprio consenso. Meli ha colto immediatamente questa opportunità, facendo riaprire il caso grazie alla decisione della Corte d’Appello Penale, che ha annullato la sentenza precedente e ordinato un nuovo esame davanti al Tribunale dei Magistrati.
Ma i colpi di scena non finiscono qui. Durante un’udienza recente, la procura aveva ventilato l’ipotesi di chiamare un rappresentante dell’FBI a testimoniare. Tuttavia, nell’ultima udienza, ha cambiato strategia, affermando che tutte le prove necessarie erano già agli atti, tranne eventuali chiarimenti richiesti dalla difesa. La battaglia legale ora si concentra su un nuovo fronte: la richiesta di cauzione presentata dai difensori di Meli, che sarà esaminata mercoledì.
Questo caso ha visto protagonisti gli ispettori Mario Cuschieri e Robinson Mifsud come responsabili dell’accusa, mentre la difesa è nelle mani esperte degli avvocati Arthur Azzopardi e Franco Debono.