Un cacciatore è finito al centro di una bufera giudiziaria dopo aver scatenato l’ira di BirdLife Malta con un commento infuocato su Facebook, in cui affermava che “questa feccia meritava una ‘bella lezione
‘. Nonostante la conferma della sua colpevolezza in appello, è riuscito a evitare una pesante multa di 3.000 euro. Ma la vicenda ha lasciato un segno indelebile.
Tutto ha avuto inizio nell’aprile 2022, quando un email dal contenuto esplosivo è arrivata all’unità di cybercrime della polizia, inviata nientemeno che dal CEO di BirdLife Malta, Mark Sultana. Nel messaggio, Sultana puntava il dito su un commento carico d’odio apparso sotto un post su Facebook del Ministro Clint Camilleri. Quest’ultimo stava parlando della battaglia legale di BirdLife per fermare la caccia primaverile alla tortora, una sfida che aveva scosso gli ambienti della caccia e dell’ambientalismo.
BirdLife Malta aveva infatti presentato un’istanza in tribunale per bloccare la caccia, e il tribunale civile, seppur provvisoriamente, aveva accolto la richiesta, fissando la causa per un’udienza imminente. Ma il Ministro Camilleri, determinato a difendere la caccia, aveva annunciato la decisione del tribunale e dichiarato che il governo aveva dato mandato all’Avvocato dello Stato di chiedere al giudice di fissare “urgentemente” la data dell’udienza.
Ed è proprio in questo clima rovente che, tra i tanti commenti pro-caccia, è spuntato quello incriminato: “nonostante ci siano così tanti cowboy, nessuno ha ancora dato una buona lezione a questa gente“. Ma il commento non si fermava qui: “ormai è troppo“, proseguiva, “se la stanno cercando“. E infine, un’affermazione che suonava come una minaccia: “dicono che i cacciatori sono stupidi… quanto ancora dobbiamo sopportare questa feccia?
“.
Le parole erano troppo gravi per passare inosservate. Screenshot del commento sono stati subito inviati alla polizia, che ha avviato un’indagine serrata. E nonostante Sultana avesse in un primo momento espresso il desiderio di non proseguire, dichiarando di non riuscire più a trovare i link al post, la polizia ha deciso di andare fino in fondo.
L’autore del commento è stato individuato e interrogato. Di fronte agli agenti, ha ammesso di essere l’autore ma ha negato con forza che il suo bersaglio fosse BirdLife Malta. Secondo Micallef, il commento era diretto esclusivamente contro quei cacciatori che, violando le leggi, gettavano discredito sull’intera categoria, danneggiando chi rispettava le regole. Un tentativo disperato di giustificarsi, dato che solo pochi giorni prima una specie protetta era stata abbattuta, un gesto che aveva infuriato tutti i cacciatori onesti.
Ma né la Prima Corte né la Corte d’Appello Penale hanno creduto alla sua versione dei fatti. La giudice Natasha Galea Sciberras, pronunciando la sentenza in appello, è stata chiara: il commento di Micallef, considerato nel contesto del post del ministro, era inequivocabilmente diretto contro BirdLife Malta. E non solo: le sue parole erano talmente gravi da incitare alla violenza.
Sultana, durante la sua testimonianza, ha spiegato che il commento era “preoccupante” perché poteva spingere qualcuno “a perdere il buon senso
“. Non si trattava semplicemente di offese o diffamazioni, ma di un vero e proprio invito alla violenza, ha osservato la corte. E in un momento in cui la tensione tra i cacciatori e BirdLife Malta era alle stelle, quel commento era destinato a infiammare ulteriormente gli animi.
Nonostante la conferma della condanna, la corte ha deciso di punire Micallef solo per il reato più grave, quello che prevede una pena detentiva. Così, mentre la condanna a sei mesi di carcere con sospensione condizionale per tre anni è stata confermata, la multa di 3.000 euro è stata cancellata.
Foto: [Archivio Times of Malta]