Ben prima che palloni aerostatici, aerei e droni fotografici rendessero le vedute a volo d’uccello di paesaggi e città la nuova normalità, i pittori più curiosi si sforzavano già di creare immagini precise di ciò che nessun occhio umano aveva mai visto: le vedute aeree dei panorami.
Certo, una città poteva estendersi sotto una montagna o essere osservata da un’alta torre, ma gli artisti avevano elaborato le leggi geometriche della prospettiva
per registrare con precisione panorami che non avevano mai visto, né avrebbero potuto vedere, da un punto di osservazione elevato.
Queste esatte vedute a volo d’uccello, simili a mappe, “viste
” in un momento in cui era fisicamente impossibile farlo, sono una delle piccole meraviglie dell’ingegno umano.
Con l‘avvento del pallone aerostatico e della macchina fotografica, ciò che prima era il risultato di un’osservazione fantasiosa divenne routine. Purtroppo, pochi artisti della macchina fotografica si lasciarono incantare dai tetti di Malta. Solo il fotografo tedesco Giorgio Sommer, in visita a Malta all’inizio degli anni Sessanta dell’Ottocento, si sentì ispirato dal loro fascino proto-cubista e ne catturò ripetutamente la poesia, molto prima che lo skyline del paesaggio urbano maltese finisse fatalmente imbruttito
da serbatoi d’acqua, antenne paraboliche, pannelli solari, compressori di aria condizionata, generatori e piscine.
I tetti degli agglomerati urbani maltesi, quasi universalmente piatti, prevedevano una leggera pendenza per raccogliere l’acqua piovana e convogliarla nella cisterna obbligatoria
sotto ogni appartamento.
Erano impermeabilizzati da deffun secolari, livellati in posizione da ballate professionali, per lo più donne. Prima dell’avvento delle membrane, il deffun aveva fornito un servizio inestimabile alle abitazioni. Conteneva polvere di ceramica antica non smaltata, per la quale i ballata devastavano senza sosta il patrimonio archeologico delle isole
. La loro principale fonte di approvvigionamento era rappresentata dalle sepolture puniche e romane.