Nelle ultime due settimane, Stati Uniti e Cina hanno lanciato bombe politiche che potrebbero riscrivere completamente il destino economico globale per tutto il resto dell’anno… e forse anche oltre. Ma attenzione: le ripercussioni non colpiranno solo le due superpotenze, si estenderanno fino all’Europa
e ad altre economie globali. E le conseguenze? Prepariamoci a onde d’urto su obbligazioni, azioni, materie prime e mercati valutari, che dureranno fino al prossimo anno e oltre.
Ecco il colpo di scena: il 18 settembre la Federal Reserve statunitense ha stupito il mondo finanziario con una decisione che nessuno si aspettava. Ha tagliato il tasso sui Federal Funds
di un sorprendente mezzo punto percentuale, portandolo dal 5,25% al 4,75% dopo più di un anno. Un cambio di rotta che ha lasciato i mercati a bocca aperta. “La Fed è in pieno controllo”, questo è il messaggio che hanno mandato, soprattutto considerando che l’economia americana continua a crescere a un ritmo solido, con un PIL del terzo trimestre che sfiora il 3%.
Questa mossa audace significa che la Fed vuole agire subito, accelerando il processo di normalizzazione dei tassi. Il risultato? I tassi a breve termine caleranno rapidamente, ma si stabilizzeranno su livelli più alti di quanto sarebbe accaduto con un approccio più cauto. In altre parole, meglio un intervento deciso ora che tanti piccoli aggiustamenti in futuro.
Dall’altra parte dell’Atlantico, la Banca Centrale Europea (BCE) sta giocando una partita più lenta e prudente, con tagli minori e graduali, lasciando però spazio a un rischio maggiore: un rallentamento più marcato dell’economia europea. Europa e Stati Uniti
seguono strade diverse, e questo potrebbe costare caro all’Europa se non riuscirà a evitare una recessione con una risposta politica altrettanto forte.
Ma non finisce qui. A pochi giorni dalla decisione della Fed, anche la Cina ha stupito il mondo con un pacchetto di stimoli economici che ha superato ogni previsione. Durante il vertice di settembre del Politburo, che si riunisce per decidere le politiche del Partito Comunista Cinese
, sono state annunciate misure aggressive: tagli ai tassi di riserva obbligatoria, emissione di obbligazioni governative ultra-lunghe e finanziamenti per stabilizzare il settore immobiliare e incentivare i consumi privati.
Le cifre sono impressionanti: 2 trilioni di RMB in obbligazioni speciali, pari all’1,7% del PIL cinese, destinati a sussidi per beni di consumo e assegni per le famiglie. Si prevede un impatto enorme sull’economia. Ma c’è di più: la Cina sta per iniettare un altro trilione di RMB nel capitale delle grandi banche statali, ancora una volta tramite l’emissione di obbligazioni governative.
L’obiettivo? Raggiungere il tanto agognato 5% di crescita per quest’anno, un traguardo che stava sfuggendo di mano a causa della crisi del settore immobiliare che ha frenato i consumi. E i mercati? Già in fermento: le azioni cinesi sono volate in alto, con un aumento del 15% in una sola settimana, trascinando con sé le borse dei mercati emergenti. Le materie prime come il rame sono salite, e valute come il dollaro australiano hanno beneficiato del rally delle commodity. Perfino le aziende europee esposte alla Cina hanno visto un miglioramento nelle loro prospettive.
Ma non è tutto oro quel che luccica. Rimangono alcuni rischi di fondo: i rischi geopolitici sono tornati a crescere con la nuova escalation del conflitto in Medio Oriente
, e il timore che le elezioni americane possano paralizzare i mercati spaventa gli investitori. Inoltre, sebbene necessarie, le mosse della Cina potrebbero non essere sufficienti per rilanciare l’economia su basi più solide e sostenibili.
Ciononostante, queste politiche offrono un forte sostegno all’economia globale e ai mercati azionari mentre entriamo nell’ultimo trimestre dell’anno. Una cosa è certa: le prossime mosse saranno decisive.
Foto: Shutterstock.com