L’estate turistica più caotica d’Europa è ormai alle spalle, e gli esperti sono pronti a definirla un trionfo senza precedenti. Ma attenzione, perché il concetto di “successo” può cambiare drasticamente a seconda di chi lo valuta.
Milioni di cittadini europei stanno gridando il loro sdegno per l’invasione del turismo di massa che ha stravolto le loro vite. Le proteste, iniziate con furia nelle Isole Canarie, si sono estese a macchia d’olio: da Venezia a Barcellona, da Dubrovnik fino alla maestosa Roma, tutte unite nell’obiettivo di cambiare rotta.
In Italia, i media non hanno esitato a parlare di “turisti cafoni”
, ovvero turisti incivili. E se gli italiani sono noti per la loro pazienza, quest’estate molti hanno perso la calma. Chi non si è indignato davanti alle scene di turisti che nuotano nella Fontana di Trevi o che incidono le loro iniziali sulle antiche mura di Pompei e del Colosseo? Non mancano neppure coloro che hanno trasformato le spiagge in discariche improvvisate, contribuendo a rafforzare il crescente sentimento di intolleranza verso l’overtourism.
Le città storiche, i monumenti e i paesaggi da cartolina che caratterizzano l’Europa sono sotto assedio. Oltre al sovraffollamento, le infrastrutture pubbliche sono al collasso, gli ecosistemi fragili vengono irreparabilmente danneggiati, e i prezzi delle case sono schizzati alle stelle, lasciando molte giovani famiglie senza possibilità di accesso al mercato immobiliare.
Gli strateghi del turismo continuano a insistere che il “successo” si misura nel numero di turisti e nella spesa che generano, ma le comunità locali stanno pagando il prezzo più alto di questo modello insostenibile. E il cambiamento tanto desiderato non sembra arrivare dai governi centrali.
La storia insegna che le rivoluzioni partono dal basso, quando i leader politici sono ciechi di fronte alla necessità di migliorare la vita delle persone comuni.
“È giunto il momento di includere il benessere delle comunità locali e la protezione dell’ambiente nella formula che definisce il successo dell’industria del turismo”.
Alcune destinazioni europee stanno già rispondendo a questo grido di aiuto, adottando strategie innovative per bilanciare le esigenze dei turisti con quelle delle comunità e dell’ambiente. Una delle soluzioni più efficaci? Imponendo un tetto massimo ai visitatori. Venezia, per esempio, ha introdotto una tassa di €5 per i turisti giornalieri, mentre il governo italiano sta considerando di aumentare le imposte turistiche fino a €25 a notte per finanziare le infrastrutture locali.
Portofino, con il suo fascino da cartolina, ha optato per una strategia più creativa: multe fino a €250 per chi si attarda nelle aree più affollate, provocando quello che il sindaco Matteo Viavaca ha definito “caos anarchico”
nelle strade della cittadina. Due zone “rosse” sono state individuate proprio per evitare il blocco del traffico pedonale.
In Sardegna, il governo locale ha deciso di andare oltre. Oltre a limitare il numero di visitatori sulle spiagge più famose, come le spettacolari rive color salmone della Spiaggia Rosa, la regione ha introdotto multe che arrivano fino a €3.500 per chi ruba la sabbia. E se desideri goderti spiagge rinomate come La Maddalena, Cala Coticcio o Cala Brigantina, preparati a prenotare in anticipo online e pagare una piccola tariffa per sostenere un turismo davvero sostenibile.
Nessuno mette in dubbio l’importanza dell’industria turistica per molte nazioni europee, specialmente per le piccole isole. Fornisce lavoro a una vasta forza lavoro poco qualificata, che altrimenti faticherebbe a trovare impiego in un’economia moderna sempre più esigente. Tuttavia, il difetto maggiore del modello di turismo di massa è che fa leva su un altissimo numero di visitatori e su forza lavoro a basso costo per restare in piedi.
Invece di puntare tutto su campagne di marketing per attirare turisti a basso budget, gli strateghi dovrebbero concentrare i loro sforzi sulla riduzione dei numeri e sull’aumento della qualità. Il sindaco di Capri, una delle destinazioni turistiche più famose al mondo, lo ha detto senza mezzi termini: “il cafone attira i cafoni”
.
Certo, non tutti i turisti a basso budget sono maleducati, ma dal punto di vista economico, una destinazione che attira visitatori con pochi soldi non può vendersi anche come meta di lusso.
Il boom del turismo negli ultimi vent’anni è stato favorito dai voli low cost e dagli alloggi privati, non certo da qualche “genialata” degli strateghi del settore. È giunto il momento di includere il benessere delle comunità e la protezione dell’ambiente nelle metriche del successo.
Gli strateghi del turismo devono essere più innovativi e seguire le migliori pratiche già adottate in alcune destinazioni. Serve un cambio di paradigma: l’obiettivo non è più solo attrarre turisti, ma farlo senza compromettere la qualità delle destinazioni stesse.
Il turismo non può più essere un incubo per le comunità locali.
Foto: Chris Sant Fournier