I verbali dell’incontro di luglio della Federal Reserve rivelano una tensione palpabile: il tanto atteso taglio dei tassi di interesse è a un passo, ma la banca centrale non si è ancora mossa. I funzionari, pur frenando l’impulso, sembrano sempre più orientati a una svolta decisiva a settembre. L’incontro, avvenuto prima del deludente rapporto sull’occupazione di luglio, ha visto emergere dati che indicano un’inflazione in calo e un’economia che, pur ancora forte, inizia a mostrare segni di cedimento.
Nei verbali, la “_vasta maggioranza_” dei funzionari ha sottolineato che “_se i dati continueranno a essere in linea con le aspettative, sarà probabilmente opportuno allentare la politica nel prossimo incontro_”. Un messaggio che fa intendere un possibile allentamento della stretta economica in arrivo.
Ma non è solo l’America a tremare. Nel Regno Unito, il fabbisogno di prestito del governo è schizzato oltre le previsioni, spinto da una spesa pubblica fuori controllo. I numeri diffusi dall’Office for National Statistics (ONS) parlano chiaro: a luglio, il deficit pubblico ha toccato i tre miliardi di sterline, il livello più alto dal 2021 per questo mese. Un divario di ben 1,1 miliardi di sterline rispetto alle stime degli economisti, lasciando molti a chiedersi quale sarà la prossima mossa del governo britannico.
Non sorprende quindi che, nonostante una recente ripresa economica, il Cancelliere dello Scacchiere Rachel Reeves stia per tirare fuori gli artigli, con una probabile stangata fiscale nel suo primo bilancio di ottobre.
Nel frattempo, in Germania, si assiste a un paradosso economico: i prezzi alla produzione continuano a scendere, ma a un ritmo meno veloce. Giugno ha segnato un calo dell’indice dei prezzi alla produzione (PPI) dell’1,6% su base annua, il dodicesimo mese consecutivo di riduzione, seppur meno marcato rispetto al -2,2% di maggio. La colpa? I costi energetici, con l’elettricità in discesa dell’11% e il gas naturale che crolla di un impressionante 14,8%.
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